Note
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Ci si riferisce, com’è ovvio, al decreto-legge 11 ottobre 1976, n. 699, convertito in legge 10 dicembre 1976, n. 797 (recante «disposizioni sulla corresponsione degli aumenti retributivi dipendenti da variazioni del costo della vita»), nonché al decreto-legge 1° febbraio 1977, n. 12, convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91 (recante «norme per l’applicazione dell’indennità di contingenza»).
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Esatti rilievi in proposito in Mariucci, La contrattazione collettiva, Bologna, il Mulino, 1985, p. 399 ss.
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Cfr. Corte cost., 19 dicembre 1962, n. 106, in «Foro it.», 1963, I, c. 18.
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Cfr. Cass., 21 giugno 1983, n. 4267, in «Giust. civ.», 1984, I, p. 3153, con riferimento ad una fattispecie di retribuzione erogata mediante il sistema c.d. della percentuale di servizio. In precedenza Cass., 20 maggio 1976, n. 1825, in «Giust. civ. Rep.», 1976, v. Lavoro (rapporto di), 736, aveva escluso la possibilità di una compensazione o di una media fra differenti salari minimi percepiti dal singolo in un certo arco di tempo, affermando che al principio di retribuzione sufficiente si deve dare applicazione costante. Nello stesso senso si v. Pret. Roma, 23 aprile 1979, in «Temi rom.», 1979, p. 70.
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Ventura, Il principio di eguaglianza nel diritto del lavoro, Milano, Giuffré, 1984, p. 279, con riferimento a Cass., 14 febbraio 1983, n. 1123 (inedita).
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Fra l’altro non sembra condivisibile neanche l’affermazione corrente secondo la quale l’intervento del legislatore avrebbe comportato un’estensione erga omnes della disciplina della scala mobile. Ai sensi dell’art. 1, comma 1°, della legge n. 38/1986, infatti, il sistema di indicizzazione salariale concordato per i rapporti di lavoro pubblico risulta applicabile anche ai datori di lavoro privati «appartenenti a categorie per le quali sono stati stipulati accordi o contratti collettivi nazionali, che prevedano meccanismi di adeguamento automatico della retribuzione per effetto di variazioni del costo della vita». Se il riferimento all’appartenenza a una categoria ha da essere inteso come espressivo dell’intenzione di valorizzare il vincolo associativo con una data associazione sindacale, è evidente che di estensione erga omnes, in termini tecnici, non possa parlarsi.
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Non mancano, peraltro, analisi più equilibrate: si v. Ventura, Intervento, in Aa.Vv., Problemi giuridici della retribuzione, Milano, Giuffré, 1981, p. 174 ss.; più recentemente Ghezzi e Romagnoli, Il rapporto di lavoro, Bologna, Zanichelli, 1984, p. 252 ss.; Mariucci, op cit., p. 418 ss.; e soprattutto D’Antona, Le nozioni giuridiche della retribuzione, in «Giornale dir. lav. e rel. ind.», 1984, p. 269 ss. (quest’ultimo condivisibile nell’impostazione di fondo, non sempre nelle soluzioni prospettate in riferimento ai singoli problemi).
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Mariucci, op. cit., p. 401.
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Le citazioni da Persiani sono rispettivamente in Legge, giudice e contratto collettivo (1977) ora in I nuovi problemi della retribuzione, Padova, CEDAM, 1982, p. 2 e in II tramonto del principio dell’omnicomprensività della retribuzione e il problema dei poteri del giudice sulla contrattazione collettiva, in «Giur. it.», 1984, I, 1, c. 1560.
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Persiani, op. loc. ult. cit. Conseguentemente il dissenso di questo autore rispetto al più recente orientamento delle Sezioni Unite in materia (su cui v. ampiamente infra, cap. II), che pure appare innegabilmente mosso da una volontà «liberalizzante» della nozione giuridica di retribuzione, è motivato dall’osservazione che comunque, rispetto a determinate ipotesi, la Cassazione continua ad affermare l’esistenza di criteri legali inderogabili dall’autonomia privata. Cosicché il nuovo indirizzo, pur ritenuto «un’importante evoluzione delle giurisprudenza lavoristica, non appare, però, ancora sufficiente ad invertire la tendenza dei giudici a sovrapporsi all’autonomia collettiva» (ivi, c. 1566).
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Mengoni, Legge e autonomia collettiva, in «Mass. giur. lav.», 1980, p. 696.
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D’obbligo il riferimento a Ferraro, Ordinamento, ruolo del sindacato, dinamica contrattuale di tutela, Padova, CEDAM, 1981, p. 316 ss.
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Così giustamente Mariucci, op. cit., p. 412. A conferma cfr. Ferraro, op. cit., p. 307 e nota 29, la cui posizione in proposito, peraltro, appare alquanto sbrigativa, senza elaborazione ulteriore rispetto alle ipotesi ricostruttive di Persiani che vengono, quasi testualmente, riprese
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Cfr. sul punto Mengoni, op. cit., p. 696
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Mariucci, op. cit., p. 382 s.
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Per usare l’espressione di Vardaro, Contrattazione collettiva e sistema giuridico, Napoli, Jovene, 1984, p. 102.
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Giugni, Diritto sindacale, Bari, Cacucci, 1984, p. 191. Nello stesso senso si v. De Luca Tamajo, Garantismo legislativo e mediazione politico-sindacale: prospettive per gli anni ‘80, in «Riv. it. dir. lav.», 1982, I, p. 49 ss.; Cessari, Premessa alla ristampa de Il «favor» verso il prestatore di lavoro subordinato, Milano, Giuffré, 1983, p. XI, XIII; Mariucci, op. cit., p. 413.
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Giugni, Iniziativa legislativa ed esperienza sindacale in tema di licenziamento, in «Riv. giur. lav.», 1966, I, p. 127. Con specifico riferimento alla tematica in esame cfr. D’Antona, op.cit., p. 276.
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Con riguardo al favore ivi espresso per una legislazione sui minimi cfr., comunque, sin d’ora Dobb, I salari, Torino, Einaudi, 1965, p. 176; più in generale si v. anche Roberts, I sindacati e lo Stato in Gran Bretagna, in «Riv. it. dir. lav.», 1983, I, p. 496 ss.
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Bordogna e Provasi, Politica, economia e rappresentanza degli interessi, Bologna, il Mulino, 1984, p. 26. Il rilievo comunque è comune nelle trattazioni generali sul significato sociale dell’intervento statuale nella regolamentazione dei rapporti di lavoro: cfr., per tutti, Dàubler, Diritto sindacale e cogestione nella Germania Federale, Milano, Franco Angeli, 1981, p. 77 ss.
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Al riguardo si v., con particolare chiarezza, G. Lyon-Caen, La crise actuelle du droit du travail, in Aa. Vv., Le droit capitaliste du travail, Presses Universitaires de Grenoble, 1980, p. 257 ss.
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Anche quando sostenuta con l’ausilio di categorie esterne al paradigma giuslavoristico, come nel libro di Raveraira, Legge e contratto collettivo, Milano, Giuffré, 1985, la quale si sforza di argomentare l’asserita capacità di deroga del contratto collettivo (di categoria) rispetto alla norma di legge, costruendo un modello di rapporto fra le fonti di segno analogo a quello che intercorrerebbe fra legge statale e legge regionale. La conclusione, coerente ma palesemente insostenibile, è nel senso di «ipotizzare la sindacabilità dei contratti da parte del giudice costituzionale» (p. 143).
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Si v. Treu, Centralization and decentralizaton in collective bargaining, in «The International journal of Comparative labour law and industrial relations», 1985, n. 2 (di prossima pubblicazione anche in «Giornale dir. lav. e rei. ind.»).
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Alarcón, Un concepto clasico de la relacion entre ley y convenio colectivo in Aa.Vv., Las relaciones laborales y la reorganización del sistema productivo, Publicaciones del Monte de piedad y caja de ahorros de Cordoba, 1983, p. 60.
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Tosi, 1 condizionamenti legislativi alla struttura del salario, in «Prosp. sind.», 1978, 28, p. 57.
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Corretta, in questo senso, l’affermazione che si può leggere in Corte cost., 30 luglio 1980, n. 141, in «Foro it.», 1980, I, c. 2652.
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Mariucci, op. cit., p. 412.
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De Luca Tamajo, Leggi sul costo del lavoro e limiti all’autonomia collettiva (Spunti per una valutazione di costituzionalità), in Aa.Vv., Il diritto del lavoro nell’emergenza, Napoli, Jovene, 1979, p. 163.
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Cfr. Treu, op. cit.
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Sul punto si v., in un’ottica comparata. Lange, Politiche dei redditi e democrazia sindacale in Europa occidentale, in «Stato e Mercato», 1983, p. 467.
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Tarantelli Le politiche di rientro dall’inflazione nei paesi industrializzati e il ruolo economico del sindacato, in «Lab. pol.», 1981, n. 4, p. 197.